mercoledì 29 giugno 2011

COMUNICATO STAMPA: nasce 'la Sinistra per Somma'

In data 22 Giugno 2011 nasce a Somma Vesuviana il Movimento politico denominato “LA SINISTRA PER SOMMA”. L’assemblea costituente ha eletto il direttivo composto da: Andrea Morisco, Federica Siviello, Giovanni Piccolo, Antonio Barbera, Lorenzo Metodio, Pasquale De Simone, Danilo di Lorenzo. Il direttivo ha poi scelto Lorenzo Metodio come segretario e Federica Siviello tesoriere del movimento. Il Movimento è formato da tutte le forze della sinistra come La Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia e Libertà e pezzi della sinistra diffusa. La Sinistra per Somma vuole mettersi a disposizione di un vero cambiamento, un nuovo inizio, costruendo una partecipazione democratica e dando forza e credibilità ad una idea di trasformazione, sia nei contenuti, che nelle pratiche. Intendiamo dare voce e rappresentanza a chi oggi non si riconosce nell’attuale panorama politico e che vuole ritrovare un’unità di popolo che dia respiro ad un progetto credibile e alternativo. Dobbiamo e vogliamo dare un’anima ed una speranza alla parola “alternativa”.

L’Imperatore di Somma Vesuviana, Raffaele (detto Ferdinando II) Allocca, e i rappresentanti della GORI snobbano l’assemblea pubblica organizzata dal comitato ‘Cittadinanza attiva per i beni comuni’, per manifestare contro la mancanza d’acqua che dura da circa una settimana. Ma dalla loro assenza aumenta la rabbia dei cittadini sommesi che assaltano il Comune. E per le strade è rivoluzione!

Da diversi giorni il territorio di Somma Vesuviana è soggetto una celebre carenza idrica e, soprattutto nella parte della città cosiddetta ‘a monte’, l’erogazione viene sospesa almeno per mezza giornata. Dico ‘celebre’ perché la storia continua ormai da anni, e puntualmente con l’inizio della stagione estiva i rubinetti di tutte le case si svuotano. Quest’anno la precisione è stata svizzera: 21 Giugno, inizio dell’estate, fine della normale erogazione idrica. E ad oggi, 29 Giugno, il problema persiste.
Già lo scorso anno centinaia di cittadini sommesi, stufi e inferociti dall’ennesima carenza idrica, senza avvisi né preavvisi, hanno realmente messo a ferro e fuoco la città, inizialmente occupando i binari della stazione ferroviaria di Somma Vesuviana, poi scagliandosi contro l’amministrazione e il Sindaco (l’Imperatore Raffaele detto Ferdinando II) e, infine, bloccando le zone vitali di Somma con veri e propri posti di blocco, ribaltando innumerevoli cassonetti della spazzatura. E a giorni (stranamente…) la situazione si normalizzò. Con qualcuno che, maliziosamente!, disse che era stato merito della protesta…
Abituati al rimpallo delle responsabilità, che vede il Comune demandare alla Gori, la Gori alla Regione, la Regione al Governo, colpevole di aver tagliato fondi necessari alla costruzione di un nuovo impianto o almeno ad un potenziamento dello stesso, i sommesi, stanchi delle solite chiacchiere, si sono mostrati pronti a protestare, di nuovo.
Pochi giorni fa il comitato ‘Cittadinanza attiva per i beni comuni’ ha scritto una lettera al Sindaco per chiedere chiarimenti immediati sulla situazione idrica e ha organizzato per martedì 28 (ieri) un’assemblea pubblica, alla quale chiunque avrebbe potuto partecipare, per chiedere spiegazioni e la fine dell’emergenza idrica.
La lettera recitava: “Ill.mo Signor Sindaco, come lei sa, in questi giorni i cittadini sommesi stanno subendo, come ogni anno, la carenza idrica. E come ogni anno, la GORI ci dà una informazione tardiva, inutile e ridicola: da primo cittadino dovrebbe essere indignato quanto noi di questo comportamento! Una società che gestisce un bene comune come l’acqua non si può permettere di dire che interrompe il servizio perché lo usiamo!! Se fosse così, vorrebbe dire che non sanno fare il loro mestiere (e qualche dubbio lo abbiamo) e che sono in grado di fornirci l’acqua solo quando non la usiamo!! Pensiamo che la città abbia il diritto di conoscere le vere ragioni e questa volta non c’è nessun crollo da nessuna parte e tubi rotti! Per avere informazioni dirette e non cartacee e tantomeno virtuali, ci siamo autoconvocati in un’assemblea pubblica che terremo martedì alle 18.00 in piazza nei pressi del Comune. All’assemblea abbiamo invitato anche la GORI. Siamo sicuri della sua sensibilità sull’argomento e del suo interesse a far sapere ai cittadini le motivazioni vere del disservizio. E’ per questo che la invitiamo a partecipare all’incontro e a sollecitare la GORI stessa ad accettare l’invito. Cordiali saluti
L’assemblea pubblica si è tenuta appunto ieri, martedì 28 Giugno, ma è praticamente degenerata in una vera e propria protesta. In particolar modo a causa dell’assenza dell’Imperatore Ferdinando II e dei responsabili della GORI, oltre che di TUTTI i consiglieri comunali, tranne che Alfonso Auriemma. A nulla sono valsi i tentativi di mediazione da parte di Domenico De Falco, esponente del comitato ‘Cittadinanza attiva per i beni comuni’ e della Federazione della Sinistra, né del segretario del Partito Democratico, Pietro Allocca, né di Lorenzo Metodio, segretario del nuovo movimento politico “La sinistra per Somma”.
Le centinaia di persone accorse in piazza, di fronte alle assenze del primo cittadino e dei responsabili della GORI, hanno immediatamente invaso il cortile e l’atrio del comune, pretendendo di raggiungere l’ufficio del sindaco. L’intervento della polizia municipale e dei carabinieri, però, è stato immediato.
“Sindaco, dove va a finire la nostra acqua? Ladri! Ridateci l’acqua, è un bene comune, è un nostro diritto!”. Questo il coro unanime che si è levato sotto le finestre di Palazzo Torino.
In un clima divenuto sempre più incandescente, una piccola delegazione di cittadini e gli organizzatori dell’assemblea riescono poi a salire e ad essere ricevuti dal sindaco.
Domenico De Falco
Raffaele (detto Ferdinando II) Allocca
Alla presenza di alcuni cittadini, dell’avvocato della Federconsumatori e responsabile regionale servizi idrici, Giuseppe Grauso, e del Direttore Generale del Comune, Giuseppe Terracciano, il sindaco Allocca ha descritto la situazione dell’acquedotto vesuviano e delle sue vecchie criticità che impediscono la normale erogazione dell’acqua soprattutto nei periodi estivi. I cittadini presenti però non abboccano e non gli premettono nemmeno di continuare il discorso: “È una storia vecchia. Vogliamo l’acqua!”.
Domenico De Falco si fa portavoce delle istanze dei sommesi, sottolineando alla fascia tricolore: “Le risposte della Gori sono inaccettabili e ormai ha dimostrato di non essere una società in grado di gestire tale servizio e quindi deve lasciare. L’acqua viene distribuita in modo anomalo sui territori vesuviani e Somma viene sempre penalizzata. Come primo cittadino, ci garantisce che stasera arriva l’acqua?”.
“In questi giorni non sono stato a guardare, ho dato disposizioni alla protezione civile e ai vigili di verificare in quali case, uffici o fabbriche mancano i serbatoi e provvedere a fornire almeno 600 litri d’acqua a chi ne è sprovvisto. Questo per cercare di attutire i disagi. Quel 30% che ci era stato concesso lo scorso anno, oggi viene utilizzato per diluire l’acqua dei quatto pozzi ancora funzionanti e che presentano un tasso di fluoruro e di arsenico molto elevato” risponde Raffaele Ferdinando II.
I presenti, però, alzano la voce e, inferociti e impazienti, chiedono risposte risolutive.
E continua il primo cittadino: “Entro il 30 giugno mi hanno assicurato che tutto sarà risolto. Che volete che faccia? Vogliamo andare a protestare insieme sotto alla sede regionale o della GORI? Io sto con voi. Ho fatto e sto facendo tutto quello che era ed è possibile fare, ho fatto inviare un dossier agli organi competenti, dossier che domani vi farò avere. Che altro posso fare?”. A queste parole, Mimmo De Falco suggerisce al primo cittadino di “denunciare la GORI”, e l’avvocato Grauso afferma che “il sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria, può fare un’ordinanza urgente nella quale si richiedono autobotti d’acqua da far girare per tutta la città, presentando poi  il conto  alla GORI”.
“La proposta mi sembra molto sensata. Ribadisco che io non ho nulla e nessuno da difendere, sto dalla parte dei miei concittadini. Anzi domani denuncerò la società alla Procura della Repubblica perché non mi ha garantito l’erogazione richiesta”.
Di fronte agli animi caldi dei cittadini esasperati, il sindaco si limita ad aggiungere che il problema si risolverà entro il 30 giugno ma i cittadini non si arrendono e, usciti dal Comune, organizzano blocchi e proteste lungo le strade principali della città. Anche il comitato ‘Cittadinanza attiva per i beni comuni’ assicura monitorerà i comportamenti dell’amministrazione.
Fino a tarda sera, intanto, un gruppo di persone ha presidiato via Aldo Moro, via Roma e via Circumvallazione, e minacciosi hanno avvertito: “Questa volta non ci fermeremo finché non ci sarà la soluzione definitiva a questo scandaloso problema!”, e le proteste continuano anche in questi istanti. Molte persone stanno mandando in tilt la viabilità, scaraventando in strada anche cumuli di spazzatura (proprio come lo scorso anno) e in alcuni c’è stato un tentativo di dare alle fiamme i rifiuti. Le forze dell’ordine stanno monitorando la protesta per cercare di contenere disordini e danni.
Intanto, mentre impazza la rivolta nelle strade cittadine, i responsabili del comitato ‘Cittadinanza attiva per i beni comuni’ sono stati presso il Comune per ritirare e quindi esaminare i due dossier prodotti e inviati alle autorità competenti dall’amministrazione Allocca. Inoltre, il Sindaco ha anche scritto una lettera, indirizzata al Prefetto, alla Regione Campania, all’ARIN, alla GORI e alla Procura della Repubblica per denunciare la situazione di emergenza idrica in cui versa Somma: “Tuttora l’intero territorio di questo Comune è interessato da una ennesima ingiusta emergenza idrica, così come verificatosi negli anni precedenti e riportati in due appositi dossier elaborati da questo ente e d inviati alle autorità competenti. La ribellione a tali eventi, a parere della popolazione, dipende dall’incuria ed inerzia dei preposti. Il tutto si traduce in gravi turbative alla sicurezza pubblica di difficile gestione. Si chiede pertanto una urgente riunione presso il comune di Somma Vesuviana, tra l’altro incisivamente compulsata dai comitati civici spontaneamente costituitisi”.
Ma la rivolta tra le strade di Somma non accenna a placarsi, e sono certo di dire che la situazione non cambierà fino al ripristino totale del servizio idrico.

Juan

lunedì 27 giugno 2011

Da 'operaio ThyssenKrupp' a 'disoccupato-discriminato'. Accusano l'azienda tedesca (condannata per omicidio volontario) e non trovano più lavoro...

Una volta, e parlo di diversi anni fa, vidi un video su YouTube in cui Oliviero Diliberto, attuale esponente del ‘Partito dei Comunisti Italiani-Federazione della Sinistra’, nello studio di Ballarò parlava di operai. E precisamente parlava degli operai della ThyssenKrupp, il noto colosso tedesco nel settore siderurgico, protagonista del grave incidente a Torino nel dicembre del 2007 in cui persero la vita 7 lavoratori, investiti da una fuoriuscita di olio bollente in pressione che aveva preso fuoco.
Ricordo che la domanda fosse riguardo al grado di libertà presente in Italia, e Diliberto evidenziò un episodio, un avvenimento riguardo a 30 operai della Thyssen che, in vista del processo (in cui, tra l’altro, Harald Espenhahn, amministratore delegato del gruppo tedesco, è stato condannato per omicidio volontario a 16 anni e 6 mesi e altri cinque manager dell’azienda sono stati condannati a pene che vanno da 13 anni e 6 mesi a 10 anni e 10 mesi), decisero di costituirsi parte civile contro l’azienda. Quei 30 lavoratori (che poi in realtà furono 48) diventarono disoccupati e furono rifiutati da diverse altre aziende poiché avevano osato sfidare il padrone.
A onor di cronaca, il discorso di Diliberto si articolò sul fatto che, a differenza di questi 30, gli altri lavoratori, che avevano fatto l’accordo con l’azienda ThyssenKrupp e che non si erano costituiti parte civile, furono riassorbiti nel mondo del lavoro. E quindi esisterebbe (anche a parer mio) una diversa libertà tra le persone: quegli operai non erano liberi di scegliere.
Da allora, l’ultima notizia che sentii riguardo la ThyssenKrupp fu solo la condanna per omicidio volontario di Harald Espenhahn, perché avvenuta nell’aprile di quest’anno.
Poi ho letto un articolo sull’Unità, e mi sono reso conto che, per molti ex operai dello stabilimento Thyssen di Torino e colpevoli di comportamento anti-aziendale, quest’assurda storia continua ancora. «Le agenzie di lavoro interinale ci hanno consigliato di cancellarlo», racconta Ghermai, 35 anni. «Quando leggono tra le precedenti esperienze ‘operaio ThyssenKrupp’ si spaventano, sembra che preferiscano non avere niente a che fare con noi».
Negli ultimi due anni Ghermai ha fatto un solo colloquio di lavoro, e tra i suoi ex colleghi c’è chi non ha avuto neanche quella possibilità. Sono 16 persone. Sono quello che resta a Torino della multinazionale tedesca dell’acciaio. Il 13 giugno l’azienda gli ha fatto sapere che con la fine del mese sarebbe cessato anche il loro rapporto di lavoro, che da due anni si alimenta solo di cassa integrazione.
Per questo Ghermai, Mirco, Peter, Luca, Sandro, Marco, Giuseppe, Antonio, e gli altri, tutti tra i 35 e i 55 anni, si sono ritrovati di nuovo davanti alla sede della Regione Piemonte. «Anche se è umiliante continuare a manifestare, quando è chiaro che nessuno vuole occuparsi di noi». Venerdì questi lavoratori hanno scritto una lettera al presidente Napolitano, qualche giorno prima avevano cercato il neo-Sindaco di Torino, Piero Fassino, che però era all’estero per il Comune.
Aspettano una risposta. Chiedono un lavoro. Un aiuto a trovare una occupazione, così come è stato fatto per moltissimi dei loro colleghi. Dei 400 in forze alle acciaierie, quando prima della strage del 2007 la multinazionale comunicava la volontà di chiudere il sito torinese, in cinquanta sono andati in pensione; trenta sono stati assunti all’Amiat, la municipalizzata dei rifiuti. Molti altri sono finiti all’Alenia, c’è chi è entrato all’Enel o in altre aziende private. Aiutati dalla stessa Thyssen o dalle istituzioni, quasi tutti hanno trovato un’occupazione, magari anche soltanto temporanea.
Moltissimi sono riusciti a trovare qualcos’altro, ma tranne loro: gli ultimi rimasti dei 48 operai costituiti parte civile al processo sulla strage del 6 dicembre 2007.
«L’accordo sulla chiusura dello stabilimento prevedeva la ricollocazione di tutti i lavoratori, ma è stato ampiamente disatteso: da tre anni ormai veniamo discriminati e non ricollocati come invece è avvenuto per altri nostri ex colleghi non costituitisi parte civile. Chi non ha chiesto i danni all’azienda ha avuto una possibilità» …
Oltre agli operai un risarcimento è stato riconosciuto, dal Tribunale, anche al Comune, alla Provincia e alla Regione Piemonte: circa 4,5 milioni di euro, fra tutte le istituzioni. «Sono soldi che dovrebbero essere investiti per sviluppare l’occupazione», riprende Mirco, che lancia anche un appello al sindaco Piero Fassino: «Ha detto che intende fare della città la “capitale del lavoro”, una “Gran Torino”. Potrebbe cominciare occupandosi di noi».
E credo decisamente che l’inizio debba avvenire certamente così: non so in pratica quanto valgano 4 milioni e mezzo in ottica di investimenti, ma credo comunque che quei soldi, anche qualora rappresentino solo una parte, debbano essere impiegati per sviluppare l’occupazione e riassorbire questi lavoratori. Lavoratori che comunque rappresentano la vera parte lesa della vicenda e che, dopo aver visto i propri compagni di lavoro morire bruciati a causa delle colpe dell’azienda, hanno preteso troppo. Sono stati capaci di pretendere che la ThyssenKrupp, l’azienda colpevole, pagasse!
Un vero affronto! E sperano pure che qualche azienda (onesta) li riassorba.
Che illusi…chi correrebbe mai un rischio simile!?

Juan

domenica 26 giugno 2011

La «secessione» è, anche e soprattutto, porsi come obiettivo quello di affossare una parte del proprio Paese nella spazzatura e tra le epidemie, rifiutandosi di intervenire... A Napoli, la secessione firmata Lega-Mr B, è già avvenuta!


Il problema rifiuti a Napoli è, da tempi non sospetti, una piaga che affligge non solo la città partenopea, ma tutta la provincia e tutta la regione. Ed è (forse) scontato dire che il problema riguarda anche l’intero Paese. L’Italia, tutta intera.
Come ogni piaga, tra l’altro sulla scia del rischio epidemico, indubbiamente è la politica ad dover prendere misure d’emergenza immediate. Se però la politica (e quindi faccio particolare riferimento alla maggioranza di Governo) contiene in sé una larga porzione verde sfacciatamente settentrionalista e secessionista, le speranze per quel tanto afflitto Meridione sono ridotte all’osso.
La situazione a Napoli si fa sempre più grave: 1720 tonnellate di spazzatura per le strade; la zone flegrea, Giugliano, Lago Patria e Varcaturo sono in fase critica; la Federazione Italiana pediatri ha registrato un aumento del 10-20%, rispetto ai livelli normali, dell’incidenza di patologie respiratorie nei bambini, come asma, tosse e bronchiti asmatiche imputabile, secondo i medici, ai roghi di rifiuti che continuano a verificarsi sul territorio e che sono, fortemente tossici per la diossina e le altre sostanze che si sprigionano a seguito della combustione della plastica.
Nonostante ciò, il secondo partito della maggioranza parlamentare, la Lega del Capo Umberto Bossi, impuntata dalla base secessionista scoppiata a Pontida, si rifiuta di far intervenire il Governo con misure emergenziali: “Sulla questione rifiuti non accetteremo decreti truffa, sennò volano le sedie, lo abbiamo detto a Berlusconi”, fa sapere Calderoli. E Mr B risponde: “Cercherò di convincerli che qualcosa andrà fatto” …
Pierluigi Bersani, segretario nazionale PD, ricorda dal suo sito un precedente molto importante: «Quando l’Emilia salvò la Milano lumbard dalla spazzatura - Era la fine di novembre del 1995 e la più europea delle città italiane (Milano, ndr) soccombeva sotto una valanga di pattume: 20.000 tonnellate di sacchi neri ammassati nelle strade.
Emergenza vera, da risolvere subito. Progettare nuovi impianti, potenziare quelli vecchi, avviare un piano per la raccolta differenziata - tutte cose che pure si fecero - non bastava. Bisognava liberare le strade chiedendo aiuto ad altre Regioni. Milano, che allora aveva un sindaco leghista, lo fece. E Marco Formentini vuole ricordarlo così: “Da quasi un anno avevo portato in giunta, come assessore all’Ambiente, uno dei massimi esperti del settore, Walter Ganapini; fu lui, in quei giorni tremendi, a telefonare al presidente della Regione Emilia Romagna, che era Pier Luigi Bersani; Ganapini è emiliano, i due si parlarono in dialetto per un quarto d’ora, e l’aiuto arrivò. Ovviamente i nostri rifiuti potevano essere accolti, non c’erano i limiti normativi che oggi rendono difficile accogliere quelli di Napoli”.
Sedici anni dopo, la nemesi: il partito che fu di Formentini minaccia di “far volare le sedie” se i rifiuti di Napoli finissero nelle Regioni del Nord grazie a un decreto “truffa”, come dice Calderoli. Ma allora andò proprio così: Milano fu salvata da altri, anche se non se ne stette con le mani in mano»
Lo dico chiaramente. Sorpasso velocemente ma stizzito su quell’ultima frase di Bersani…perché mi pare quasi che voglia dire che i napoletani adesso se ne stiano con le mani in mano… E a queste affermazioni, sinceramente mi rode il culo!
Comunque, resta il fatto che la Lega sia praticamente contraria ad un intervento d’emergenza che possa trasferire i rifiuti in altre regioni. Cota e Zaia, Presidenti delle Regioni Piemonte e Veneto, sono stati chiari: “No!”, con la disposizione ad offrire tecnici (?) per non deresponsabilizzare i napoletani (…). Opposto (per fortuna non tutti sono leghisti…anzi, stronzi) è il parere del Presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: “Tutte le istituzioni debbono fare la loro parte ma ci deve essere un piano con tempi certi e il governo ci deve mettere la faccia”. Uguale è quello del Presidente della Regione Molise, Michele Iorio, affermando di essere disponibili ad aiutare Napoli, e del leader di Sinistra Ecologia e Libertà e Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola: “Siamo di fronte a uno scandalo senza possibilità di giustificazioni per il Governo nazionale che ha evocato sortilegi e magie, e ha drammaticamente fallito. Il Governo dovrebbe dichiarare lo stato di emergenza e consentire a chi deve trovare le soluzioni di operare con snellezza e tempestività. Credo che tutta Italia debba farsi carico di questo problema”.
Intanto, il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, è stato indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Napoli sui rischi per la salute pubblica determinati dalla mancata raccolta dei rifiuti. Nell’inchiesta del procuratore aggiunto Francesco Greco e del pm Francesco Curcio si contestano al Presidente della giunta campana la mancata attivazione di discariche in altre province per fronteggiare l’emergenza. Al vaglio degli inquirenti, in particolare, i dati sul consumo di farmaci per allergie o eruzioni cutanee, un monitoraggio già sperimentato nell’inchiesta relativa alla precedente emergenza 2007-2008.
Presidente Caldoro che accusa il colpo e poi carica contro tutti: “Non ci sto! Né a pagare le colpe di 15 anni di inadempienze e responsabilità dei comuni, né a pagare le colpe dei ricatti e del boicottaggio della camorra, né rispetto ai comportamenti irresponsabili, di fronte a questa emergenza nazionale, della Lega Nord! La Regione ha fatto tutta la sua parte, avendo poteri minimi e residuali. Da oggi, finché non ci saranno risposte forti da parte del Governo e degli enti locali della Campania, abbandoniamo i tavoli istituzionali e nazionali presso il governo e la prefettura!”
La situazione è davvero allo sbando più completo e, con questa pesante accusa del Presidente Caldoro alla Lega Nord, riesco quasi ad intravedere, nello stesso Presidente della Regione, un’incolpevolezza fuori dal comune. Mi spiego meglio: il fatto che Stefano Caldoro risulti indagato e accusi, oltre che il duo Bassolino-Iervolino e la camorra, la Lega, il più forte alleato di Mr B, padre morale della sua vittoria alla Regione, è pesante. E’ corrosivo persino nell’immagine di questo Popolo delle Libertà, che si porta sulle spalle un partito verde fastidioso e troppo pesante da trasportare. E’ l’identica situazione dei Ministeri al Nord: la linea comune della Lega è quella di decentralizzare da Roma i Ministeri; Alemanno, Sindaco di Roma, e la Polverini, Presidente della Regione Lazio, (entrambi PdL) sono nettamente contrari; e c’è quella base del partito, quel nucleo che poi va a identificarsi della persona stessa di Mr B, che non sa che fare per poter mantenere l’equilibrio nel governo. E rimanda, e rimanda, e rimanda alle prossime puntate…
E qui è lo stesso. Caldoro indagato (probabilmente da giudici bolscevichi) e che attacca la Lega; i leghisti saranno sul fronte opposto a rispondere, e il cuore del partito e Mr B saranno lì, a maledire tutto e tutti e a cercare di riequilibrare un assetto che a Napoli è sempre più traballante.
E intanto anche De Magistris vuole ribellarsi al boicottaggio messo in atto dal premier per affossare Napoli. Del resto Mr B lo aveva promesso dopo la sconfitta di Lettieri alle amministrative che “Napoli pagherà a caro prezzo la scelta di De Magistris” e così si sta dimostrando. La vendetta di Mr B si sta realizzando e i napoletani pagano. Il neo-sindaco De Magistris parla esplicitamente di una “regia della camorra” dietro ai roghi e ai blocchi stradali di questi giorni. “Qualunque cittadino sa che l’incendio di un cassonetto causa diossina perché i rifiuti incendiati diventano speciali e occorrono giorni per rimuoverli. I roghi e i blocchi stradali sono aumentati in questi giorni quando noi dal Comune abbiamo emanato quattro ordinanze, avviando una rivoluzione ambientale”. Per il leader del suo partito, Antonio Di Pietro, “De Magistris ha le mani legate se non c’é un provvedimento del Consiglio dei Ministri e se non c’é un supporto da parte della provincia di Napoli e della Regione, così come di tutte le altre regioni italiane”.
Ma il Governo (nazionale, ma anche quello regionale e provinciale) è fermo. Completamente.
Napoli, ogni giorno, muore un po’ di più, e di sicuro c'è solo che Napoli tutto questo non se lo merita!

Juan

sabato 25 giugno 2011

Mercato Napoli: chi viene e chi va...

Dalla telenovela-Mazzarri alla telenovela-Inler, passando per la telenovela-Criscito. E’ indubbiamente  il Napoli delle telenovele quello che si prepara alla stagione 2011/2012.
Come tutti ricorderemo, la stagione da poco conclusasi finì con una mega-festa al San Paolo, dopo il pareggio contro l’Inter (1-1), segnata dalla “promozione” della società di De Laurentiis nell’Europa che conta: la Champion’s League, senza passare per i rocamboleschi preliminari.
L’aria era gioiosa quella notte, ma il dubbio più forte era incollato al futuro di mister Walter “Il Mago” Mazzarri…che dopo settimane di trepidazione decide di restare sotto l’ombra del Vesuvio.
Napoli-Udinese. Se non erro, terzultima giornata di campionato. Diversi gli ‘ex’ in campo: De Sanctis, portiere saracinesca del Napoli; Denis, Domizzi, punta e difensore dei bianconeri.
Minuto 55: un tiro potentissimo (e deviato) si insacca alle spalle De Sanctis. Gokhan Inler, e lo stesso ex German Denis, portano l’Udinese verso la vittoria. Silenzio e gelo al San Paolo, ma c’è la particolarità. Gokhan Inler non esulta. “C’è già il contratto?”, dicono in molti…
Assolutamente no! Qualche mese più tardi, Inler è praticamente a un passo dalla Juventus, malgrado Napoli e Udinese abbiano già un accordo a portata di mano.
E col passare dei giorni, il centrocampista sembra una volta un po’ più in là e una volta un po’ più in qua, ma delle sue sorti reali ancora nessuno ci capisce nulla.
Napoli e Genoa. Un gemellaggio che dura da parecchio e un rapporto societario molto ben assestato.
Un paio di settimane fa: “Mimmo Criscito è del Napoli: è fatta!”, “Criscito strappato all’Inter dal Napoli!”. Tutti erano entusiasti del passaggio del giovane difensore di Cercola al Napoli. Tutti tranne lui evidentemente.
“Non voglio giocare all’asta per Criscito. Andrà all’Inter o al PSG di Leonardo, non mi interessa. Andrà allo Zenit di Spalletti? Spero che la Russia non lo inquieti”, così De Laurentiis pochissimi giorni fa.
Ecco, il mercato del Napoli è una telenovela: i nomi in orbita sono tanti ma gli ingressi in rosa no.
Considerata la gravissima situazione di Hugo Campagnaro, a seguito dell’incidente automobilistico in Argentina in cui ci sono state tre vittime, e un reparto difensivo traballante al massimo, innesti devono esserci. Il centrocampo, tra l’altro, è ancora troppo infilzabile e non da Champion’s, e serve almeno un’altra prima punta da affiancare a Cavani.
I nomi orbitati attorno al Vesuvio sono: Trezeguet, Vucinic, Lamela, Pastore, Cassano, Gastaldello, Palombo, Montolivo, Mariga, Mutu, Santana, Iaquinta, Vidal, Borja Valero, Ogbonna,  ed esiste anche una questione-portiere, annunciata da De Laurentiis.
Ma ad oggi, di sicuro ci sono solo: Fernandez, difensore acquistato a gennaio; Dzemaili, centrocampista in cambio del quale Blasi (cen.) e Santacroce (dif.) sono partiti verso Parma; Donadel.
Personalmente, in difesa ci speravo per Mimmo Criscito e come alternativa sulla piazza la vedo difficile, in particolare vista la partenza di Santacroce. E una difesa Maggio-Fernandez-Cannavaro-Ruiz non è il massimo…
A centrocampo, sperando nell’onnipresenza (motivata!) di Hamsik, starebbero bene Santana e Mariga, e magari uno tra Vidal o Borja Valero. Montolivo o Lamela nel caso in cui Hamsik partisse.
Davanti, per la prima punta, è tosta. Trezeguet ha una certa età e creerebbe insofferenza dalla panchina, come del resto anche Vucinic e Mutu; anche se, tra i tre, preferirei Vucinic solo per la maggiore concretezza, oppure Trezeguet per il miglior carattere. Per Iaquinta stesso problema, e poi detto di tutta sincerità, io Iaquinta non lo sopporto: è inconcreto  al massimo.
Lamela e Cassano sono più seconde punte, ma tra Lavezzi e Mascara io sono soddisfatto di entrambi. (Senza parlare del carattere del barese ingestibile e che non accetta le critiche, che a Napoli vanno come il vento!)
Javier Pastore sarebbe una buona seconda prima punta, ma vuole scappare all’estero, traumatizzato da Zamparini…
Giocando al fantamercato, il sogno sarebbe Giuseppe Rossi con un attacco a tre punte, Lavezzi-Cavani-G. Rossi, ma fossi in lui, in Italia non ci tornerei mai e resterei in Spagna.
Restando coi piedi per terra, mi assicurerei Trezeguet per 2 anni alla ricerca di una punta di peso, esperienza, concretezza e di età inferiore ai 30 anni.

Juan

lunedì 20 giugno 2011

COMITATO “CITTADINANZA ATTIVA per il BENE COMUNE”

C’era tanta gente ieri sera a Somma alla Festa dei Beni Comuni, la piazza era piena. La stessa piazza che domenica scorsa, ad urne ancora aperte, era occupata da gruppi di ragazzi che, magari attraversandola in motorino, ne facevano il luogo delle loro ri...sse. C’era chi passava di lì perché era domenica e faceva una passeggiata, ma molti, moltissimi avevano accolto l’invito del Comitato per i 4 SI ai Referendum a festeggiare lo straordinario risultato raggiunto. E la piazza si è trasformata in un luogo che celebrava un momento di democrazia. E c’è stata musica: tammurriate, musica popolare, artisti rock che cantavano canzoni popolari, ragazzi e ragazze che eseguivano i balli della nostra tradizione, gli stessi che trascorrono normalmente le loro serate in locali ad ascoltare generi musicali assolutamente diversi. La musica era contaminata! CONTAMINAZIONE: ecco la parola. Quante volte l’abbiamo pronunciata al chiuso in riunioni dove si cercava di capire come coinvolgere le persone, convincerle a partecipare alla vita sociale e politica, avvicinarle per farsi conoscere, per far conoscere il proprio modo di vedere, il proprio progetto di città, di società. CONTAMINAZIONE: è quello che è avvenuto in questa campagna referendaria dove al centro c’era la difesa del BENE COMUNE. Si è creato un gruppo di persone “fisiche” che, al di là e al di sopra di ogni qualsiasi appartenenza, ha lavorato insieme per realizzare l’enorme successo ottenuto. CONTAMINAZIONE, è quello che deve continuare a vivere per tenere insieme persone molto più vicine di quanto ci potesse sembrare prima di questa avventura. CONTAMINAZIONE: è quello che chiediamo a quelli che pensano di voler cambiare lo stato delle cose e far fare un salto di qualità al nostro paese. E’ questa consapevolezza che muove le donne e gli uomini del Comitato Referendario a continuare la propria opera, a portare avanti nuove battaglie che interessino tutti i cittadini provocando la partecipazione della CITTADINANZA ATTIVA. Il Comitato, quindi, diventa permanente e si trasforma in COMITATO “CITTADINANZA ATTIVA per il BENE COMUNE”.

di Mimmo de Falco

domenica 19 giugno 2011

Padania e secessione… Riflessioni sulle puttanate settentrionaliste

Verso la libertà! Così intitolava uno striscione dall’alto dei 50.000 militanti leghisti che attendevano il discorso duro (come da autodescrizione del proprio pisello) del caro “Capo”, Umberto Bossi. Oddio, forse non proprio tutti i cinquantamila aspettavano il Senatùr (vedi lo striscione apparso sin dalla mattinata con su scritto MARONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO), ma certo che qualcuno c’era.
Cinquantamila persone ad applaudire personaggi del calibro di Calderoli, Castelli, Cota, Salvini; mancavano solo Borghezio, Asterix e Obelix.
Cinquantamila persone che inneggiavano ad andare da soli alle elezioni, senza Mr. B, e che inneggiavano alla secessione, alla pratica frattura tra il Settentrione (per i fanatici, Padania, che io ricordo, dai libri di Geografia, sia soltanto una pianura che tocca l’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte e qualche altra regione del Nord-ITALIA) e il Meridione (per gli stessi fanatici di prima, Terronia…).
Beh, consentitemi di dire che questa festa mi sta un po’ sui coglioni: non per il suo significato politico, perchè comunque rappresenta la festa del terzo partito più grande d’Italia, ma per gli argomenti affrontati, le minacce effettuate, i toni utilizzati.
Resto da anni ormai convinto che esistono cose che in Politica non si possano fare.
1) Non si può inneggiare alla rivoluzione armata, come Umberto Bossi fece nel 2007 e nel 2008, sostenendo che aveva “300.000 uomini con i fucili caldi e sempre pronti a sparare!”, e puntualmente ormai ripete senza più preoccupazione ad ogni suo comizio.
2) Non si può, in uno Stato come l’Italia, inneggiare alla secessione. E’ inaudito. L’articolo 5 della Costituzione della nostra Repubblica Italiana dice che L’Italia è una e indivisibile!
E purtroppo, se una classe politica esalta idee di questo tipo, la degenerazione conseguente delle persone è evidente. L’abbiamo visto col fascismo.
Pontida.
Sinceramente mi aspettavo di più, a livello di tempistica e partecipazione; mi aspettavo, o forse ci speravo, di meno a livello di rispetto verso i principi costituzionali e del buon senso.
Vi ringrazio di essere venuti così in tanti, e questa è la risposta ai tanti coglioni giornalisti che dicono che la Lega è rotta. La Lega non è rotta, vi romperemo noi! La Lega è pronta a conquistare la libertà della Padania. Noi abbiamo gente che è in grado di combattere per la libertà. L’Europa dovrà tenere conto di una nuova grande nazione, che chiede, ottiene e conquista: la Padania!
Il primo passaggio del discorso di Bossi è dedicato al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Un seguito delle polemiche tra i colonnelli del Carroccio e il Ministro riguardo all’urgenza di una riforma fiscale: “Caro Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega in Parlamento ricordati che non puoi più toccare i comuni”. Il Senatùr contesta il patto di stabilità, che blocca diversi “miliardi” delle amministrazioni comunali. “Caro Giulio, va riscritto”, manda a dire Bossi, perché “le persone sono più importanti del mercato” e “i soldi si possono trovare”. Innanzitutto “interrompere le missioni di guerra, da cui si potrebbe recuperare un bel miliardino”. Oppure tagliare i costi della politica, “gli sprechi”, li definisce il Senatùr, “come le auto blu”.
Ma se il leader leghista è polemico con Tremonti, dedica al premier parole di apprezzamento, prima dell’avvertimento. “I padani, schiavi del centralismo romano, ricordano e ringraziano Berlusconi per l’aiuto sul federalismo fiscale che non sarebbe passato senza i suoi voti. Ma la tua leadership è in discussione. Può finire a partire dalle prossime elezioni se non ascolterà attentamente le proposte che facciamo e non darà risposte entro i prossimi tre mesi”. Al momento però, precisa il Senatùr, l’idea non è quella di creare una crisi nella maggioranza. Non adesso almeno. “Questo è un momento favorevole alla sinistra quindi far cadere il governo sarebbe fargli un favore”.
Questo sarà un anno in cui l’identità padana ritornerà a pigliare il volo. Bersani dice che abbiamo la spada moscia?” ricordando una provocazione del Partito Democratico riferita al simbolo di Alberto da Giussano. “Lo sperano i nostri nemici, così non se lo prendono in quel posto!”. Una battaglia che passa anche e soprattutto per il decentramento dei Ministeri, già annunciata ieri. “Ci saremo io e Calderoli, se viene anche Maroni, tutto di guadagnato. Sui Ministeri Berlusconi aveva già firmato il documento poi si è cagato sotto”.
e la secessione, ci si prepari  nuova nazioneere per la libertà.a è rotta. mi aspettavo, o forse ci speravo, di meno a livello
SECESSIONE. Secessione è ciò che urlano intanto i militanti tra il pubblico. “Se volete la secessione, ci si prepari” risponde Bossi dal palco “La Lega verrà incontro ai popoli del nord che vogliono una pressione molto forte verso il centralismo, e lo avranno. L’altra volta ci ha fermato la magistratura, questa volta saremo ancora più incazzati”.
Ma una delle ultime frasi del Senatùr è di nuovo sulla leadership: “La Lega ha più del 10% a livello nazionale. Da oggi si va a testa bassa sul territorio. Decideremo tutto assieme: la premiership di Berlusconi è incerta e può darsi che la Lega dica stop!” Ed è in questo momento che il boato della folla riempie il prato. Ma Bossi continua e avverte: “Noi non ci prenderemo responsabilità di far andare in malora il Paese: saremo tutti assieme a decidere. Se con Berlusconi o no
A concludere poi il comizio di Pontida c’è il cocco Maroni, che prosegue la sparata sulla scia del “Capo” Umberto.
Praticamente quindi niente di nuovo. Il governo, a meno di eventi dell’ultim’ora, tiene, e le poltrone parlamentari avranno su di sé ancora per un po’ i bei culetti verdi leghisti.
L’unico argomento che tiene banco è quello riguardante i Ministeri al Nord. Stavo guardando il telegiornale di La7, quello condotto da Enrico Mentana, e l’ospite in studio era il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. L’emblematica frase di scricchiolamento dell’asse è proprio del primo cittadino capitolino: “L’idea di portare i Ministeri in giro per l’Italia è una boiata! Credo che a questo punto sia indispensabile portare in Parlamento una mozione che ribadisca che i Ministeri debbano stare a Roma e condanni questi atteggiamenti. Non sono più disponibile ad ascoltare questi appelli, a considerarli una buffonata. Si è andati troppo oltre i limiti costituzionali, serve un pronunciamento parlamentare. Non si può dire se su questo possa cadere il governo, ma per mantenere in vita un governo non si può sacrificare la Capitale. Se poi il governo cade, ne prenderemo atto”.
A ciò poi ne consegue una figuraccia dell’europarlamentare leghista, Matteo Salvini, che resterà nella storia. Mentana chiede a Salvini, in collegamento da Pontida: “Il tema dei Ministeri a Roma può costituire il casus belli?” (casus belli, deriva dal latino e significa motivo di guerra, di scontro, ndr). Salvini risponde: “Quanto belli, quanto grandi, quanto splendenti siano i Ministeri a Roma onestamente mi interessa molto poco…
E con questa, come disse Peppino, ho detto tutto!
Buonanotte!

Juan

Francia, proposta per liberalizzare gli spinelli. Personali considerazioni sulla marijuana


Una proposta antiproibizionista arriva proprio dalla Francia. Un Paese dove lo spinello ha rappresentato sempre un argomento tabù. Dove la legge è rimasta costantemente durissima contro l’uso delle droghe leggere. Una delle più severe d’Europa anche quando, tra gli anni Ottanta e Novanta, in Italia e ancora di più in Spagna si ostentava in merito una certa nonchalance. Ebbene, proprio in Francia si chiede ora una possibile depenalizzazione della cannabis.
Ad avanzare la proposta, mercoledì scorso, è stato un gruppo di deputati del Partito socialista, la principale forza dell’opposizione che alle presidenziali del prossimo anno (visto il tracollo di Nicolas Sarkozy nei sondaggi) potrebbe anche strappare la vittoria. I parlamentari sono capeggiati da Daniel Vaillant, ex ministro degli Interni.
Vaillant lo disse la prima volta nel 2003, in un’intervista al quotidiano ‘Libération’: “Se vogliamo ridurre il numero dei consumatori di droghe leggere in Francia dobbiamo depenalizzare: non c’è altra strada”. Ora lui, sindaco del 18° arrondissement di Parigi, una delle aree più popolari della città e che ne sa qualcosa della violenza che il traffico di stupefacenti può provocare, ritorna all’attacco.
Il rapporto chiede la “legalizzazione controllata da parte dello Stato della cannabis, per uscire una volta per tutte dall’ipocrisia”. Nel concreto si liberalizzerebbe il commercio di droghe leggere, consentito in appositi punti vendita, simile ai tabacchi. In parallelo sarebbe consentita la creazione di una sorta di coffee shop sul modello olandese, dove poter comprare e consumare il prodotto. “Spazi di socialità” li definisce il testo. Al pari delle sigarette e degli alcoolici, lo Stato gestirebbe e regolerebbe produzione, commercializzazione e consumo della cannabis, al quale si potrebbero consacrare fino a 53mila ettari di terreno in Francia per la coltivazione.
Il progetto, che ha provocato polemiche, ma raccolto anche tanti inattesi consensi, arriva a sorpresa in un Paese dove al riguardo si è sempre scelto di ricorrere alla mano dura. Sulla base di una legge del 1970, il consumo di cannabis è punito con una pena che può andare fino a un anno di carcere o con una multa fino a 3.750 euro. I fermi per le droghe leggere si aggirano intorno ai 90mila all’anno, ma il carattere rigido e un po’ vago, senza alcun accenno alle dosi giornaliere, rende talvolta difficile la distinzione fra consumatore e trafficante, per il quale si prevede fino a dieci anni di prigione.
La severità della legge francese, però, non ha ottenuto i risultati attesi nella prevenzione. Vengono stimati a quattro milioni i francesi che ricorrono alle droghe leggere almeno una volta nell’anno e a 1,2 milioni i consumatori abituali. Uno degli argomenti ricordati in questi giorni da chi ha voluto appoggiare l’idea di Vaillant.
Sono molti i politici fra i socialisti che hanno ammesso di apprezzare il lavoro di Vaillant, ma perfino un conservatore come Dominique de Villepin, ex premier di centro-destra, prototipo dell’alto borghese parigino, e di essere favorevoli a limitare alla sola multa la possibile condanna del consumo di cannabis. Alcuni, invece, come Ségolène Royal, ne hanno preso le distanze.
Intanto un sondaggio di Ifop, pubblicato dal quotidiano ‘Sud-Ouest’, rileva che il 63% dei francesi è contrario alla depenalizzazione e il 36 per cento favorevole. Una minoranza, certo, ma neanche tanto piccola in un Paese dove il tema ha sempre rappresentato più o meno un tabù, non proprio al centro di un dibattito nazionale. Richiesto, invece, ora da Vaillant e dai deputati socialisti.
Tra chi ha meno di 35 anni, poi, è già il 51% ad appoggiare la proposta.
Ancora non conosco i dati italiani, ma resto dell’idea che le cosiddette droghe leggere (e faccio particolare riferimento alla marijuana, escludendo quindi una classe di droghe che va dalla cocaina all’LSD, alle pasticche di ecstasy o roba varia, e fino anche all’hashish) debbano essere integrate nella scala della parziale legalizzazione. Chiunque conosce il ‘modello olandese’ e chiunque sa che in Olanda esistono i coffee shop, locali autorizzati dallo Stato per vendere al consumo modesti quantitativi di droghe leggere. Ecco, i coffee shop olandesi possono vendere non più 5 grammi a persona per giorno ed ogni consumatore comunque non potrebbe rivolgersi a più di 6 coffee shop al giorno per un totale di 30 grammi ammessi. Tale limitazione è stata istituita sia per scopi medici, sia per non permettere l’esportazione di tali sostanze all’estero. Nel caso specifico dell’Olanda, però, è ammessa (sempre nei coffee shop) la vendita di soft drugs, intendendo con queste sia marijuana, sia hashish.
Le regole principali sono appunto quella che i coffee shop non possono vendere più di 5 grammi di soft drugs a persona (naturalmente maggiorenni!) e che non possono vendere alcool nella stessa transazione. Cosa, quest’ultima, a mio avviso fondamentale! Ci sono poi ulteriori regole stabilite dai vari comuni a livello locale che possono restringere ad esempio l’ubicazione dei coffee-shop, rimuovendoli dal centro della città o dalla vicinanza di scuole.
Contrariamente a quanto comunemente si crede, le droghe trovate dalla polizia devono essere confiscate per legge, sia che si tratti di droghe pesanti sia che si tratti di droghe leggere, anche se sono piccole quantità destinate all’uso personale. In base alla “legge sull'oppio”, infatti, le droghe leggere rimangono illegali, e ne sono ufficialmente proibite la coltivazione e la produzione, vendita o compera, importazione o esportazione, e il possesso, reati che su larga scala vengono attivamente perseguiti.
Il numero di decessi collegati all’uso di droghe nei Paesi Bassi è il più basso in Europa. Il governo dei Paesi Bassi riesce a supportare circa il 90% dei tossicodipendenti con i programmi di disintossicazione. Il risparmio di tempo e denaro connesso alla tolleranza controllata delle droghe leggere ha consentito di concentrarsi effettivamente sulla lotta alle droghe pesanti. La politica della tolleranza non ha portato ad un maggior consumo di droghe leggere: nei Paesi Bassi il 9,7% dei giovani ragazzi consuma droghe leggere una volta al mese, paragonabile al livello in Italia (10,9%) e Germania (9,9%) ed inferiore a quelli del Regno Unito (15,8%) e Spagna (16,4%). Queste percentuali si ripetono riguardo alle statistiche sulle droghe pesanti: nei Paesi Bassi ci sono 2,5 tossicodipendenti per ogni mille abitanti, in Belgio 3,0, in Francia circa 3,9, in Spagna 4,9, in Italia 6,4.
La tolleranza ha portato la società ad accettare il fenomeno dello spinello, così come anche il consumo di alcool è accettato. Per la legislazione dei Paesi Bassi ognuno rimane responsabile delle proprie azioni anche sotto influenza di droghe: perciò è responsabile per i reati o danni compiuti. Nei Paesi Bassi si contano circa 28.000 tossicodipendenti, ma oltre 300.000 alcolisti. L’uso di droghe leggere è da considerarsi perciò, in termini di diffusione sociale, un problema minoritario e anzi un modo per uscire da dipendenze da droghe sintetiche come alcool, eroina, cocaina e farmaci. Portare il consumo di sostanze stupefacenti alla luce del sole, infatti, permette un certo controllo sociale che limita danni e rischi non solo alla società stessa, ma anche ai singoli consumatori, che possono documentarsi preventivamente sui rischi e decidere autonomamente se fare uso di droghe o meno.
Ecco, io credo che la depenalizzazione sia una stupidaggine se volesse significare riduzione o annullamento delle pene per i consumatori di spinelli perché non significherebbe arginare lo spaccio, clandestino e pericolosissimo. Ma permettere a locali autorizzati dallo Stato di vendere erba, marijuana, sicura, in quantità limitate, significherebbe sradicare dalle mani della camorra un mercato (qual è quello della droga) vastissimo e che, a causa sempre dell’artigianale e clandestina produzione di queste sostanze che in partenza sono leggere e naturali ma che poi diventano tutt’altro con lo scopo di diventare fonte di anormale tossicodipendenza, porta ad un allargamento sempre più consistente e veloce verso il consumo droghe pesanti e, (a mio avviso) in tempi più o meno rapidi, mortali!
Credo per questo che, lasciar gestire allo Stato il consumo, sia la mossa migliore proprio per: 1) strappare alla camorra vasti mercati; 2) combattere in modo più efficace il consumo e lo spaccio delle droghe pesanti; 3) permettere, a chi vuole, di poter consumare piccole quantità di marijuana, senza correre pericoli mortali per sé e per gli altri.

Qualche altra volta parlerò degli effetti benevoli e favorevoli per la salute.

Juan

110 e lode! “Signori, entra il Lavoro...tutti in piedi!”…e tanti auguri alla Fiom!

Sì lo ammetto. Dei centodieci anni della nascita della Fiom, fino a ieri pomeriggio, me ne ero completamente dimenticato. O almeno, ricordavo che Michele Santoro, nell’anteprima di AnnoZero e quindi dopo l’annuncio dell’addio alla Rai, avesse dato appuntamento al venerdì 17 per la Festa della Fiom, ma mi era completamente sfuggita. Sarà stato l’esame pomeridiano di Matematica Finanziaria, sarà stato il 2° anniversario con la mia ragazza, fatto sta che non mi era proprio passato che la mente.
Almeno però, fino al tardissimo pomeriggio: sì perché stavo guardando la puntata delle 20,30 di “Otto e mezzo”, su La7 e condotta da Lilli Gruber, e gli ospiti erano Raffaele Bonanni, segretario CISL; Nunzia Penelope, autrice del libro-inchiesta “Soldi Rubati”; e Vauro Senesi, il noto vignettista di AnnoZero, in diretta da Bologna alla Festa, appunto, per i 110 anni della Fiom…
Beh, tutto si è svolto nell’arco di pochi minuti, e precisamente attorno al momento in cui la giornalista Gruber chiede al segretario CISL: “La manifestazione indetta per domani da CISL e UIL vuole essere da stimolo o da critica contro il governo?”
La manifestazione vuole essere di stimolo perché si deve andare avanti e di critica perché ci arriviamo tardi e con molta confusione: noi chiediamo una riforma fiscale
La stessa domanda fatta a Vauro porta invece ad una risposta illuminante e fantasiosa: “Diciamo che la nostra è una manifestazione un po’ diversa da quella di Bonanni: anche noi vogliamo essere di stimolo al governo, ma di stimolo ad andarsene! Crediamo che il lavoro non diventi un optional, un privilegio. Nel Paese c’è un’aria nuova, venga anche lei qui: ci sono giovani e lavoratori, lavoratori che probabilmente lei non conosce! Lei mi sembra un po’ Paolini, quello che ogni tanto esce da dietro durante i  TG: lei ogni tanto esce fuori dietro la Marcegaglia
La replica di Bonanni  è dura asserendo che un’ipotesi si costituzione del sindacato unico è impossibilitata dal fatto che esistono realtà che fanno violenza fisica e verbale volendo le ragioni a tutti i costi, ma quella di Vauro è ancor più accesa: “La vera violenza è quella che Marchionne fa ai lavoratori togliendo loro anche la pausa per andare a fare la pipì. E lei al referendum si è schierato con Marchionne! Signor Bonanni, lei ha detto che viene dal mondo del lavoro? Secondo me farebbe bene a tornarci” E giù con gli applausi dai venticinquemila di Bologna.
Ecco, in questo momento ho ricordato della Festa per i 110 anni della Fiom.
Già, venticinquemila presenti a Bologna, a Villa Angeletti, per assistere allo spettacolo organizzato dal padrone di casa Maurizio Landini, segretario Fiom, e da un agitatissimo Michele Santoro. I telespettatori medi, attraverso il canale Current della piattaforma Sky, sono stati circa 260.000, che rappresentano circa il 16.1% di share sulla piattaforma Sky, con picchi del 35.7%. A questi vanno poi aggiunte le centinaia di migliaia di persone che hanno seguito la lunga diretta (3 ore e 45 minuti) sulle tv satellitari e locali, oltre che sul web dove la serata è stata diffusa in streaming su un network di siti, compreso Repubblica.it e ilfattoquotidiano.it.
Dopo il successo di Raiperunanotte (che consiglio vivamente di vedere su YouTube, in particolare il monologo di Daniele Luttazzi) Michele Santoro torna a farsi sentire. Tanta gente con lui: comici, giornalisti, musicisti, attori ma anche gente comune come le operaie della Omsa di Faenza, ricercatori e precari.
Si comincia con Vauro e con un video in forma di fiction sull’intervista ad una delle ragazze delle feste ad Arcore, proiettata sui maxischermi. Poi si passa al lavoro. E al precariato. Si parte dall'ormai nota performance del Ministro Renato Brunetta contro i precari, in cui dice “siete l’Italia peggiore”. E poi Daniela Dandini che, esibendo una maglietta con scritto ‘Rai Pride’ e ironizzando sul “covo di comunisti” che la circonda dice: “Michele, stasera ho un obiettivo: ti devo riportare in Rai, ho anche un euro che ho prestato a Garimberti”
La piazza dei veri lavoratori si infiamma, poi, ascoltando la storia di un giovane ricercatore costretto ad andare all’estero per trovare lavoro, un lavoratore della Fincantieri e gli studenti che reclamano un futuro.
Sui megaschermi scorrono le immagini di We want sex, il film sulla lotta, vittoriosa, delle operaie inglesi della Ford per la parità salariale e poi si passa alla musica, con i Subsonica e Daniele Silvestri che canta Giorgio Gaber. Sale poi sul palco anche Elisa Anzaldo, giornalista che ha abbandonato la conduzione del TG1 perché stufa di nascondere le notizie su Berlusconi e che racconta come scatta la censura dalle parti di Minzolini (imitato a seguire da Max Paiella).
E poi ancora Corrado Guzzanti, il magistrato Antonio Ingroia e l’immancabile monologo di Marco Travaglio, accolto da una strepitosa ovazione, e che consiglio vivamente di guardare su YouTube.
Santoro si fa vedere attorno alle 23,00. E lo fa per annunciare il suo regalo speciale: il mago Santoro prende il suo coniglio d’oro dal cilindro: è nientedimenoche…Roberto Benigni!! (http://tv.repubblica.it/copertina/benigni-voi-siete-l-italia-migliore/70993?video). E l’ingresso è proprio alla Benigni: festoso, gioioso, entusiasmante, elettrizzante e allegro. “L’Italia s'è desta!” grida l’attore correndo sul palco accompagnato dal boato della gente, e dopo essere salito in braccio a Santoro, ricordando quasi quando, a parti invertite, prese in braccio il segretario PCI, Enrico Berlinguer.
Poi, rivolto a Santoro ironizza: “La Fiom a villa Angeletti? A casa proprio del segretario della UIL? E’ come fare il raduno della UIL a Palazzo Landini, a Piazza CamussoMichele stai facendo un uso criminoso della Fiom!Appena il signor Santoro m’ha accennato di venire ho detto subito sì, sarà il periodo che si dice SI continuamenteE’ inutile dirvi, lavoratori, che siete l’Italia migliore. E non voglio fare battute su Brunetta, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa (in risposta alla frase del Ministro Renato Brunetta che, qualche giorno fa, aveva qualificato i precari come ‘la cosa peggiore dell’Italia’ ndr)”. Poi ancora una sferzata alla Rai con il paragone tra i calciatori coinvolti nell'inchiesta sul calcioscommesse e il direttore generale della Rai: “Entrambi stanno danneggiando volontariamente la propria squadra per farla perdere”. E ancora prosegue sulla Rai e le note vicende italiane: “Voi dite che il governo non fa niente, avete visto: adesso si è liberato un posto a RaiDue (quello di Santoro, ndr); e poi il governo raddoppia le cose, avete visto al P2, la massoneria, adesso è diventata la P4. … La Costituzione difende il diritto al lavoro! …se poi trovassimo pure qualcuno che difende la Costituzione andiamo bene alloraQuando arriva il lavoro noi dobbiamo non solo alzarci in piedi, ma levarci il cappello, come diceva Rimbaud: ‘Tutti coloro la cui schiena è arsa da un sole feroce e che vanno con la fronte che scoppia in un lavoro infame, giù il cappello. Questi sono i migliori uomini!’E come diceva Primo Levi: ‘Se nella nostra vita togliamo alcuni momenti rari, prodigiosi, che il destino ci regala, amare il proprio lavoro è la sola, più grande, vera e concreta felicità che sia data di conoscere sulla terra’Il diritto al lavoro è una cosa sacra e ogni legge che attenti al lavoro è un sacrilegio”
E poi, a chiudere torna Santoro in tuta da operaio che si rivolge direttamente a Mr. B: “Lei sta facendo di tutto per farmi diventare un disoccupato, ma non ci riuscirà”. E’ l’inizio di un discorso in cui racconta il cambiamento della condizione operaia parlando come un operaio. “Siccome lei una volta ha detto di essere un presidente-operaio, le parlo da operaio a operaio. I nostri salari sono rimasti fermi ma il Paese non cresce, allora non era colpa del mio salario, ai miei figli ho dovuto dire ‘non ho i soldi per l’Università’; e ci avete portato via la cultura, ci avete portato via il quartiere gli asili, le case popolari,. Una volta andavamo al mare ora le spiagge sono di pochi, ci avete portato via la fabbrica perché è arrivata la finanza”. Poi passa alla televisione. “Ci avete portato via Guzzanti, Grillo, Celentano. E cosa fanno quelli dell’opposizione, di fronte al fatto che ci portano via tutto? L’unica spazzatura che si dovrebbe bruciare è quella che infesta la nostra televisione! C'è stato un consigliere Rai che ha presentato un ordine del giorno molto semplice: ha detto ‘Santoro vuole fare la sua trasmissione per un euro, perché non accettiamo?’  Allora presidente Berlusconi, io voto perché Santoro resti in Rai, alzo la mano perché resti in Rai. Allora Bersani, che mi stai simpatico, contale anche tu queste 30 mila mani che si alzano perché Santoro resti in Rai”. Ed allora, la conclusione del Santoro-operaio: “Ci dobbiamo riprendere tutto quello che ci avete tolto: l'aria, il mare, la cultura, la scuola. Il nostro futuro!

Juan

mercoledì 15 giugno 2011

Parliamone di questo 51% tutto nostro!

Parliamo ancora un po’ di referendum. Stavolta però non in merito allo straordinario risultato ottenuto dai SI a livello globale e nazionale, ma soffermandoci un po’ più nella particolare realtà di Somma Vesuviana.
Il “Comitato promotore per il referendum del 12 e 13 Giugno”, a Somma Vesuviana, è nato ufficialmente il 20 Aprile 2011, inglobando, nell’obiettivo comune di promuovere i 4 SI, diverse associazioni e partiti presenti sul territorio: Associazione Don Lorenzo Milani, ARCI, Comitato di quartiere Casamale, Centro Vita, Diocesi di Nola, Legambiente, Associazione Il Pioppo, Rete della Legalità, Associazione Il Torchio, Partito Democratico, Sinistra Ecologia e Libertà, Federazione della Sinistra, La Fabbrica Vesuviana, Tinti di Rosso e Unione degli Studenti.
L’impegno è stato preciso ed accurato: stabilire (e, in certi casi, creare) il punto di contatto tra noi, Comitato, ed il resto della cittadinanza in modo attivo e presente, attraverso campagne di volantinaggio, banchetti di informazione in riguardo ai quesiti referendari, eventi che favorissero la visibilità del Comitato e propagandassero i contenuti di base affrontati. Inizialmente parlammo di sit-in, flash-mob, pedalate in giro per il paese con bandiere e magliette pro-acqua pubblica, manifestazioni con striscioni anti-nucleare e bottiglie d’acqua: insomma, tutto ciò che, attraverso la forte arma della creatività, potesse dar vigore e credibilità a questo progetto…
Beh, diciamo che molte cause hanno portato all’impossibilità verso questi obiettivi; e, purtroppo, la carenza di una forte e sensibile base giovanile ne è stata sicuramente quella più pesante.
La campagna referendaria si è fondamentalmente giocata in Piazza Trivio, attraverso (e rinnovo il ‘purtroppo’) un’esile gazebo e un tavolino, attorno al quale, un indeterminato gruppo cominciava ad infoltirsi solo e soltanto verso il tardo orario di mezzogiorno, delle sei o sette domeniche comprese tra la data di nascita del Comitato e la domenica antecedente alle consultazioni referendarie.
E’ brutto dirlo, ma dire che la campagna referendaria non è stata gestita al meglio è anche troppo poco. La campagna referendaria non è stata gestita affatto; nessuno, o pochissimi, hanno pensato ad affrontare il problema delle periferie, Santa Maria del Pozzo e Rione Trieste in primis, e ciò sempre a causa della mancanza di un gruppo netto, presente solo da quella fatidica ora, che è mezzogiorno!
Nonostante ciò, però, è stato in questo che si sono confermati l’impegno e la volontà dei singoli individui e, in particolare, dei più giovani. Giovani che purtroppo mai sono stati integrati in una logica di partecipazione, attiva e costante, e che mai sono stati spronati con quell’entusiasmo necessario e, anzi, fondamentale, e che forse è del tutto venuto meno nel gruppo più senile.
E’ attraverso questo vuoto nell’organizzazione del Comitato che i molti giovani, sparpagliati e disorientati, ma con voglia e tenacia, hanno dimostrato di saperci fare e di volere ciò che stavano compiendo. E nelle Università, nei negozi, per strada, sui treni e nei bar, abbiamo lavorato come NESSUNO dei ‘grandi’ ha saputo fare e ha fatto. Personalmente, spesso in piazza ho chiacchierato con uomini e donne con idee più o meno lontano dalle mie, spesso ho discusso in modo molto vivace e fermo, spesso sono stato cacciato o zittito. Altre volte mi sono seduto a parlare con uomini abbattuti da una melanconia quasi atipica; una rassegnazione spesso alienante ed incolpevole.
Molto, singolarmente, si è fatto ma molto di più si poteva fare e costruire con un gruppo che prestasse attenzione alle esigenze di tutti e, soprattutto, non alle glorie personali ma alla vivace divulgazione dei singoli quesiti referendari.
E i risultati numerici delle consultazioni parlano chiaro: dicono che a Somma, su base globale, si è superato il quorum. Poco più di un cittadino su 2 è andato a votare, parliamo del 51% dei sommesi aventi diritto, e sapendo come ci siamo comportati, da Comitato, possiamo tranquillamente dire che molto di più poteva essere fatto. Se guardiamo gli altri paesi limitrofi possiamo notare come Somma sia il paese a percentuale più bassa, oltre il quorum: prima di noi, con meno di 1 votante su 2, troviamo solo (tra i paesi più vicini ai confini sommesi) Ottaviano (47,8%), San Giuseppe Vesuviano e Sant’Anastasia (entrambi 49,3%). Le percentuali, invece, iniziano a crescere dai confinanti Castello di Cisterna e Brusciano, 52,5% e 53,8%, arrivando attorno al 56% tra Cercola, Saviano, Pollena e San Sebastiano al Vesuvio, e superando il 60% tra Pomigliano, San Giorgio a Cremano, Castellammare e Scisciano.
Considerando, quindi, l’evidente scarso lavoro fatto, credo che questi numeri si possano migliorare, ma soprattutto, lavorando con costanza e con forte senso civico, che si possano ottenere ancor più vasti consensi per cause giuste, come appunto lo sono state quelle perseguite per l’acqua pubblica, l’energia pulita e sicura e l’eguaglianza davanti alla legge, in particolar modo evidenziando quali sono stati gli errori compiuti in questi mesi e quali mosse esistono per non ripeterli e per migliorare un lavoro che, tutto sommato, ha comunque dato i suoi frutti.

Juan