domenica 23 ottobre 2011

15 Ottobre 2011. Storia di una sconfitta immeritata…ma comunque dalla parte degli indignados! Prepariamoci ad una nuova Giornata dell’Indignazione sui territori: nessun black bloc placherà la nostra indignazione!!

E’ passata una settimana esatta da quell’ormai famoso 15 Ottobre: la Giornata dell’Indignazione mondiale promossa dai movimenti indignados spagnoli, ma trasformatisi, in Italia, nella guerra civile di Piazza San Giovanni, grazie alle barbarie di poco più di 200 coglioni che amano definirsi anarchici, rivoluzionari o black bloc.
Come ho accennato nell’ultimo post sul blog, insieme ai compagni di Sinistra per Somma e a quelli di Pollena, Sant’Anastasia e San Sebastiano, siamo stati a Roma quel giorno.
Posso garantire che ci sono state due manifestazioni il 15 Ottobre: una, pressoché riferita alla parte iniziale di quella giornata, meravigliosa e coinvolgente fatta di colori, simboli, allegria, protesta e spirito di pacifica rivolta. Un’altra, organizzata da una minoranza di teppisti e black block che hanno voluto togliere la scena della giornata ai veri indignati, è stata nauseante e vergognosa, fondata sul terrore e sulla dottrina dello sfascio.
Ma andiamo per ordine. La meravigliosa giornata di festa ha iniziato a farsi largo sin dal mattino, dall’entusiasmo che si respirava già nel pullman, in un clima di allegria e vitalità che non si respirava da molto tempo. L’armonia di persone (prima di tutto!) mescolate tra di loro, anche a prescindere dagli orientamenti politici, in una vera e propria Festa di libertà, solidarietà, indignazione, alternativa, giovane, vivace e numerosa!
Piazza della Repubblica si presentava, ai nostri occhi increduli, come una calderone rosso fiammante e in cui c’era il mondo intero! Le bandiere, sì, erano diverse tra loro, ma lo spirito, la volontà di cambiamento, era la stessa. Il numero delle persone era incalcolabile…semplicemente una folla oceanica, che poi si sarebbe numericamente trasformata in un numero compreso tra i 300.000 e i 500.000 partecipanti.
La gioia è durata fino alle tre del pomeriggio più o meno, quando iniziamo a scorgere i primi pennacchi di fumo nero e ci arrivano notizie che due macchine sono state date alle fiamme. I black bloc iniziavano a farsi vedere: le fiamme cominciano ad alzarsi, il fumo nero delle auto e dei motorini in fiamme comincia ad entrare nei palazzi, le vetrine dei negozi, degli uffici postali e delle banche vengono infrante; i concetti di lotta alla crisi economica, alla disoccupazione, al precariato vengono cancellati dalla loro insensata violenza. Duecento, forse trecento, alcuni molto giovani, 16enni, altri tra i 30 e i 50 anni. Vestono di nero, indossano caschi, passamontagna e imbracciano spranghe e bastoni. Non rappresentano nulla, sono desiderati da nessuno.
L’aria diventa sempre più pesante, la tensione e la paura sono palpabili, e la rabbia verso qualcosa di non voluto, quale è quella vera e propria guerriglia, aumenta a dismisura. I pompieri subito prestano il loro intervento per spegnere le fiamme, e contemporaneamente almeno 20 ragazzi trascinano cassoni della spazzatura provando ad erigere delle barricate e preparandosi alla guerra.
Ci rendiamo conto che la situazione lì non è sicura, e per questo ci allontaniamo. Gli scontri col passare dei minuti aumentano, e il clima festoso iniziale ormai è solo un ricordo.
Il corteo prosegue, e i black bloc intanto continuano a sfasciare tutto: a via Labicana diverse auto vengono ancora una volta date alle fiamme e vengono devastati gli uffici del Ministero della Difesa, dai quali crollerà anche il tetto. E’ qui che il corteo viene praticamente spezzato dall’arrivo delle forze dell’ordine, cercando di chiudere al centro i violenti. Per un’ora, all’incrocio con via Merulana, lo scontro è diretto. E non si sa se temere di più le pietre dei manifestanti o i lacrimogeni delle forze dell’ordine.
Eppure, il peggio sta succedendo a Piazza san Giovanni. Ci arrivano notizie contorte e siamo preoccupatissimi: notizie di un ragazzo che lanciando un petardo avrebbe perso due dita (in realtà si sarebbe trattato di un compagno di Sinistra Ecologia e Libertà che, come dimostrato anche da un video, avrebbe voluto allontanare un petardo, lanciato da un black bloc verso la folla pacifica, ma rimettendoci appunto due dita) e di un altro ragazzo che sarebbe addirittura stato ucciso, investito dal cappottamento di una camionetta dei Carabinieri. In realtà un ragazzo viene investito da un blindato dei carabinieri in retromarcia, ma senza riportare danni importanti.
Dalle telefonate che riceviamo e da quanto riusciamo a capire dai servizi televisivi che osserviamo con preoccupazione in qualche negozio, la situazione è anche molto più grave di quanto non percepiamo: Piazza San Giovanni è una bolgia di devastazione e scontri, e addirittura anche una camionetta dei Carabinieri viene data alle fiamme. Gli scontri proseguiranno almeno fino alle 7 di sera, ma oramai abbiamo già deciso di fare ritorno.
La Festa di Pace e Indignazione prevista a Piazza San Giovanni non sarà mai compiuta.
La missione dei black bloc, invece, è riuscita: due milioni di euro di danni alla città di Roma; auto e cassonetti bruciati; tratti di selciato divelti per trasformare i sampietrini in proiettili; le facciate delle banche, dei negozi e degli alberghi assaltati annerite dal fumo degli incendi. E ciò che fa più rabbia è che hanno voluto approfittare della piazza di protesta aperta dagli indignati per scatenare una violenza insensata e controproducente. Sono riusciti (perché volere o volare ci sono riusciti!) ad oscurare le ragioni della protesta giusta e pacifica; sono riusciti a tappare la bocca ad una piazza, ad una generazione, indignata contro una crisi, e i suoi creatori, che sta smantellando tutti i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dell’intero pianeta.

Ma se le ragioni indignate di quella piazza sono state oscurate e messe in secondo piano, ciò non toglie che tali ragioni esistano e resistano: e continueranno ad esistere finché la crisi non sarà affronta, risolta, superata e riformato quel sistema socio-economico che non riesce ad evitare che ciclicamente ci si trovi dinanzi ad una crisi. Ecco, anche attraverso i miei studi, posso affermare con certezza che le crisi non sono una novità per gli esperti del campo: le crisi sono ‘previste’. Previste nel senso che è normale che ogni periodo ci si ritrovi dinanzi ad una. Purtroppo pur sapendo che la crisi passerà e tornerà, quegli esperti del campo di cui parlavo prima non riescono a non evitarle, e soprattutto non riescono ad evitare di chiedere puntualmente sacrifici madornali ai cittadini, ai lavoratori, agli studenti, pur di salvare quel gruzzolo di banche e banchieri che paradossalmente sono i reali creatori della crisi.
A margine della guerra civile di Piazza San Giovanni, in conclusione, non posso far altro che continuare a battere sul fatto che bisogna parlare di quest’argomento, bisogna ancora indignarsi di fronte al fatto che al Sud Italia il tasso di disoccupazione giovanile sia pari al 30%, di fronte al fatto che la nostra sia destinata ad essere una generazione precaria, di fronte al fatto che a Montecitorio il governo riesca a reggere soltanto attraverso una vergognosa compravendita di deputati, di fronte al fatto che i governatori europei ci deridano pensando al nostro Governo e al nostro primo ministro, Silvio Berlusconi (vedi le risate di Sarkozy e Angela Merkel a Bruxelles).
C’è bisogno di continuare a discutere di questi temi soprattutto sui territori, e quindi non farsi schiacciare da un mucchietto di violenti rincoglioniti. Proprio il 15 Novembre, un mese dopo i fatti di Roma, potrebbero svilupparsi sui territori una serie di iniziative per continuare a urlare che quest’indignazione generale esiste ancora e non è svanita dopo il 15 Ottobre. Per continuare a urlare che i black bloc non rappresentano per nulla gli indignati di Roma e di tutte le città italiane ed europee. Ciò di cui c’è soprattutto bisogno, però, è la PARTECIPAZIONE. Chiunque si senta indignato, incazzato, sdegnato, ha l’obbligo morale di alzare la testa, urlarlo e contribuire alla creazione di questa iniziativa che potrebbe rivelarsi molto ingegnosa ed efficace: proviamoci, per il 15 Novembre proviamo a costruire un dibattito, una nuova manifestazione di indignazione, insomma…una nuova (e, soprattutto, diversa!) Giornata dell’Indignazione.

Giovanni

venerdì 14 ottobre 2011

15/10. Cambiamo l'Italia, cambiamo l'Europa!

Le strade del mondo si riempiono di ragazze e ragazzi come non accadeva da tempo. Da Plaza del Sol a Wall Street. Tunisi, Piazza Tahir, Santiago del Cile, l’Islanda, persino in Israele una generazione scende in piazza e monta le tende. Sabato sarà così in centinaia di piazze d’Europa e del mondo. Obiettivo: la messa in discussione di un modello che sotto la spinta neoliberista ha portato vuoti di democrazia e aumento delle disuguaglianze.
L’Italia trincerata nel palazzo non sembra accorgersene. Il governo, gran parte delle forze di opposizione, il circuito mediatico, Confindustria, gran parte dei sindacati, i maggiori imprenditori italiani parlano di altro. Sembra che in questo stanco, vecchio, decadente Paese, l’Europa, il mondo intero, non esista. Non ci sono parole che per le escort del Presidente del Consiglio, per i condoni fiscali, per giochi di palazzo con frange di deputati che pensano alla mera sopravvivenza (la loro), per imprenditori che rivendicano verginità inesistenti e che, mentre le persone comuni non arrivano alla terza settimana, mettono a fuoco la crisi spendendo centinaia di migliaia di euro pagine di giornali dalle quali pontificare sul mondo. Tutto per rimproverare altri, mai le loro azioni. Proprio loro, che condividono appieno le colpe di una crisi che divora il Paese e l’Europa intera.
Così, mentre il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dichiara di comprendere la protesta degli indignati e si interroga sulle misure economiche per uscire dalla crisi, Silvio Berlusconi vola nella dacia di Stalin per festeggiare il compleanno di un Presidente che gronda sangue di tante vittime messe a tacere, Cicchitto invoca il condono fiscale come misura salvifica, Veltroni chiede il governo tecnico, Della Valle compra pagine di giornali per gridare “vergogna”, Montezemolo vuole fondare il “movimento popolare per dire basta al partito dei padroni”. Se non fosse vero, sarebbe una sceneggiatura per il prossimo cinepanettone.
Fuori dall’involucro sordo del potere, c’è un’Italia impaziente, sfiduciata e vogliosa radicalmente di cambiare. L’Italia che guarda all’Europa, disillusa da un ventennio di volgarità, facili promesse e che si ritrova impoverita e arrabbiata. E’ l’Italia delle giovani generazioni, quelle depredate due volte, dalla violenza del neoliberismo e della precarietà esistenziale, che coinvolge chi i diritti non li ha mai avuti ma anche coloro che li hanno conquistati con anni di lotte sociali. Diritti diventati oramai evanescenti, segnati e arresi all’ineluttabilità della finanziarizzazione selvaggia, di un liberismo che non guarda in faccia a nessuno, che crea un solco tra chi detiene le ricchezze e chi si aggrappa alla vita per sopravvivere.
Il 15 ottobre sarà una giornata straordinaria di mobilitazione, è una delle tante tappe per provare a discutere insieme di un’Europa in cui torni la politica, la buona politica, a regolamentare i mercati e la finanza per attivare una redistribuzione delle ricchezze mai come adesso necessaria. Perché non è il momento di aspettare un altro giro. C’è una generazione che di giri e possibilità non ne ha mai avute e mai incontrate. Lasciamo stare i profeti della rivolta o dell’estetica del conflitto fine a se stesso, lasciamo perdere il brusio di fondo di opinioni minoritarie. Oggi, tocca a loro, tocca a una generazione che scende in piazza per trasformare la propria rabbia in proposta politica, in modello alternativo a quello dato per scontato. Non c’è più tempo per strategie o posizionamenti, è il momento di andare in mare aperto, anche per i partiti del centrosinistra. E’ il momento di costruire una concreta alternativa che possa cancellare venti anni di berlusconismo e rilanciare un’altra idea di Europa.
Sinistra Ecologia Libertà sarà in piazza, con la gente comune e con le altre esperienze di lotta, di protesta e di proposta. Con la Fiom, Uniti per l’Alternativa, Arci, Teatro Valle, movimento per l’acqua, con i precari, con gli studenti, con i giovani che scenderanno in migliaia in piazza. Perché non stiamo in una manifestazione per marcare una presenza, ma per contribuire a un cambiamento possibile. Appuntamento in Piazza della Repubblica alle ore 14 davanti al furgoncino e al gazebo di SEL, davanti a Santa Maria degli Angeli.

di Marco Furfaro – Sinistra Ecologia e Libertà

giovedì 13 ottobre 2011

GIORNATA DELL'INDIGNAZIONE: Sabato 15 Ottobre tutti a Roma!!!

Sabato 15 ottobre sarà una giornata molto importante per l’Italia e per l’Europa. Centinaia di città europee, infatti, si stanno preparando ad accogliere migliaia e migliaia di persone, in occasione della Giornata dell’Indignazione europea promossa dai movimenti spagnoli. Anche in Italia – a Roma, Piazza della Repubblica, ore 14 – sabato scatterà l’ora della manifestazione. Scatterà il momento di far sentire ancora una volta l’indignazione italiana.
E l’Italia ha una ragione in più per scendere nelle piazze. Il Governo Berlusconi, che dopo il golpe del 14 Dicembre (con la compravendita di deputati del calibro di Scilipoti e Calearo) è rimasto privo di una maggioranza parlamentare realmente eletta, ma soprattutto della maggioranza nel Paese reale, ha affrontato la crisi economica peggio di tutti gli altri Paesi del mondo! Ha adoperato tagli orizzontali, impoverendo allo stremo i ‘vecchi’ ceti medi, distruggendo il lavoro e i suoi diritti, i sindacati, il contratto nazionale, l’istruzione, la cultura, i beni comuni, il territorio, la società e le comunità: insomma, tutti i diritti garantiti dalla nostra Costituzione! Questo governo non ha fatto altro che rendere la SPERANZA VERSO IL FUTURO un’utopia, solo e solamente un sogno. I giovani studenti, le famiglie, e in particolare quelle sostenute da un unico stipendio, vedono un futuro nero, senza vie d’uscita, senza speranza verso il futuro! Guardano alla Grecia come il vicino di casa, moribondo a causa di una malattia contagiosa e che si diffonde troppo velocemente.
Gli indignati italiani che sabato parteciperanno alla manifestazione a Roma chiederanno, anzi pretenderanno, le dimissioni di questo governo, corruttore e corrotto, e che i ‘sacrifici’ da lacrime&sangue (come li ha definiti qualcuno) li facciano le grandi aristocrazie finanziarie e le banche, reali creatori di questo stupratore chiamato CRISI, e non più quella classe medio-bassa, come sempre afflitta e oppressa, e sulla quale si sta accanendo questo governo!
Sul sito dell’evento di sabato (www.15october.net) si può leggere: «Chi esercita il potere agisce a beneficio di una minoranza, ignorando la volontà della grande maggioranza e senza tenere conto del costo umano o ecologico che dobbiamo pagare. Questa situazione intollerabile deve finire. Uniti in una sola voce, faremo sapere ai politici e alle elite finanziarie a cui sono asserviti, che ora siamo noi i popoli che decideremo il nostro futuro. Non siamo merce nelle mani di politici e banchieri che non ci rappresentano. Manifesteremo pacificamente, dibatteremo e ci organizzeremo fino a riuscirci. È ora che ci uniamo. È ora che ci ascoltino»
Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola, la Federazione della Sinistra e l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro hanno già appoggiato a pieno la manifestazione, ma non mancheranno anche militanti del PD, Movimento 5 Stelle, Popolo Viola, della CGIL, ma soprattutto indignati della società civile.
La Sinistra per Somma”, l’associazione politica di Somma Vesuviana, ha deciso di aderire anch’essa alla manifestazione. E il suo responsabile al lavoro, Andrea Morisco, in una nota su Facebook dichiara: «C’hanno negato un futuro. C’hanno reso precari a vita, schiavi della finanza. C’hanno tolto l’istruzione e la libertà di decidere il nostro presente. Costruiscono società d’argilla. Fanno le loro guerre sulla nostra pelle. Ora bussano alla porta dei nostri diritti perché sono affamati della nostra dignità. Voi la mollate? Io no! IL 15 OTTOBRE TUTTI A ROMA».
Il corteo nella Capitale muoverà alle ore 14 da Piazza della Repubblica per proseguire fino a Piazza San Giovanni.

15 Ottobre 2011
Manifestazione nazionale
Roma, Piazza della Repubblica ore 14

PEOPLE OF EUROPE, RISE UP!

Juan

giovedì 6 ottobre 2011

I problemi del nostro Paese dovrebbero essere strettamente collegati alla crisi economica... E invece no! La maggioranza tira fuori dal cilindro il trio delle meraviglie: la norma ammazza-intercettazioni, ammazza-blog e ammazza-Wikipedia!


«Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c’è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.»
E’ questa la parte iniziale di un comunicato (firmato gli utenti di Wikipedia) che informa, quanti volevano informarsi sulla libera e gratuita enciclopedia più famosa del web, che il servizio di informazione è sospeso quantomeno fino alla mattinata del 6 ottobre 2011.
Perché tutto questo. “Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto (neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti), rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.”.
Che cos’è il comma 29 del disegno di legge sulle intercettazioni. Qualcuno l’ha definita ‘norma ammazza-blog’, ed impone l’obbligo di rettifica rispetto alla pubblicazione di qualsiasi tipo di contenuto pubblicato in Rete su richiesta di un soggetto terzo che si auto-considera ‘leso’ dal contenuto stesso. Il titolare del sito (che sia un giornale online o un blog, poco importa) deve pubblicare la rettifica entro 48 ore, pena una multa di 12.500 €. (cifra che naturalmente io, Maiello Giovanni, non posseggo).
Ma chiariamo meglio che vuol dire: la rettifica è un istituto che obbliga i responsabili del riferimento ‘lesivo’ a pubblicare gratuitamente, ed entro 48 ore, le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni: non sono infatti previste eccezioni per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi a un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.
Il “bello” però sapete qual è? Saranno praticamente soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”: la valutazione della “lesività” di questi contenuti, però, non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato. Ciò vuol dire che un domani non potrei nemmeno scrivere più: “Il Ministro Saverio Romano è stato graziato dalla sua maggioranza, malgrado i suoi legami con la mafia e l’indagine a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa”. Qualora il Ministro si sentisse ‘leso’ potrebbe denunciarmi. E io non voglio pagare 12.500€ perché non ce li ho.
Lo scopo di questo comma è chiaro: è un invito esplicito a non scrivere, a prescindere dalla veridicità o meno della notizia pubblicata, soprattutto se chi scrive non ha l’economica capacità di pagare le salate multe. Il tono è praticamente identico a quello della camorra: non vuoi stare zitto e allora paghi!
Concludo facendo riferimento a un’interessante cosa scritta sul comunicato di Wikipedia: “… Nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell’onore e dell’immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione”.
Ancora una volta la libera informazione in Italia è in pericolo, come sono in pericolo le intercettazioni, fastidiose zanzare secondo il Presidente del Consiglio, visto che puntualmente fanno emergere le varie storielle a Palazzo Grazioli con le sue puttane, ma che in realtà, pur con molta attenzione e lontano da rischi demagogici, a mio avviso sono il più grande strumento di democrazia. Il serio problema è che (da tempo) l’Italia non lo è più una democrazia.

Juan