sabato 10 novembre 2012

"La solitudine" di Pier Paolo Pasolini

Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.

Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
- e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente, o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia solo una traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
E’ il mondo così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;
l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque
la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente: allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe essere più soddisfatto
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.

lunedì 5 novembre 2012

Stanco.
Sono parecchio stanco.
Stanco della pioggia incessante,
stanco del sole cocente;
stanco degli sbadigli continui, degli sbagli,
stanco degli schiaffi, dei litigi che non finiscono mai;
sono stanco di chi ruba, di chi disprezza, di chi omologa;
stanco della paternale dei ministri,
stanco delle riviste stropicciate,
stanco di chi vuole approfittarne,
di chi finge di non volere approfittarne;
sono stanco di chi si crede innovativo e non lo è per niente;
stanco di chi è masochista, di chi crede negli ideali della fedeltà;
stanco di chi rispetta gli ideali della fedeltà solo per cavarne qualcosa di buono.
Sono stanco dei bicchieri di birra vuoti;
del bicchiere di whisky vuoto;
del portafoglio vuoto.
Sono stanco del treno in ritardo,
sono stanco di chi si incazza per le stronzate,
di chi non ha pazienza, di chi non ha volontà!
Sono stanco delle raccomandazioni, della corruzione, del clientelismo,
del lavoro per un voto.
Sono stanco dello spread, dell'inflazione,
della crescita, del tasso d'interesse.
Stanco della strada nella notte, dei locali vuoti di cammino,
della gente piena di emozioni e vuota di malinconia.
Sono stanco delle speranze, di gente sola, cupa, vuota;
di gente che se ne frega della gente.
Dei rami secchi cadenti, dei fiumi soli e lenti.
Sono stanco della mancanza di volontà,
sono stanco della rassegnazione, della solitudine,
dell'assenza di vita, dell'assenza di profumi, dell'assenza di colori!
Stanco delle passeggiate grigie sull'asfalto, delle foto ingiallite,
dei ricordi snervanti;
stanco degli amici, dei compagni e dei fratelli mascherati,
delle lacrime tirate a stento, dei sorrisi tirati a stento!
Stanco di me stesso qualche volta, stanco del mio paese;
stanco delle mie paure, dei miei demoni,
del senso di vuoto alle dieci del mattino,
del freddo che ti fa battere i denti;
sono stanco del sole che ti umilia sin dal risveglio,
dell'adrenalina che sale e che scende e che ti fa sentire sempre un po' coglione,
della musica che dovrebbe rilassare, stanco del televisore.
Sono stanco delle idee scartate, dei gioielli,
del cellulare che squilla solo per deridere,
dei libri che non finiscono mai e che in fondo non sono mai iniziati.
Sono stanco di tutto questo...
E non so se riuscirò mai a liberarmene...
 
Giovanni