venerdì 8 marzo 2013

"Città della Scienza, l'ultima delle Milionarie" di Antonio Cimmino

Alcune volte la speranza è un rischio da correre, altre il rischio più grosso tra tutti. Altre ancora, ha un sapore così sgradevole da poter vincere il primo premio al concorso per le uova marce. E questo accade in pochi, rari casi: quando non appare semplice ultimare con successo le parole crociate del New York Times, quando il contratto che aspetti tarda ad arrivare, e quando la speranza prende forme inaspettate. Forme rivoltose, dapprima violente, poi deboli e stanche. Come quella delle fiamme, come le fiamme di una passione, perchè si sa: la passione non perdona. Non si tratta di una forma di delirio, ma dell'incubo che ha accompagnato in tanti a Napoli, del risveglio che ha assalito tanti altri ancora. Simbolo del riscatto della città più controversa d'Italia, attrattore culturale, luogo di aggregazione sociale nonché incubatore di imprese, in una notte spazzata via. Nata dall'intuizione di Vittorio Silvestrini, presidente della fondazione Idis, Città della Scienza in una dozzina d'anni aveva guadagnato consensi e credibilità, non solo come luogo dove apprendere praticamente le leggi della scienza, grazie a decine di esperimenti pratici e dimostrazioni dal vivo, ma anche come centro congressi, centro di alta formazione, incubatore di imprese.

Il primo embrione del progetto risale agli anni Novanta; nel 2001 l'inaugurazione del vero e proprio museo interattivo, man mano ampliato da successive realizzazioni. Il tutto nell'incantevole scenario di Bagnoli, il quartiere ex industriale che, conclusa l'era dell'acciaio e dell'Italsider, aveva visto proprio in Città della scienza il primo simbolo concreto di un progetto di bonifica e di rinascita del quartiere. Con la Città della scienza è come se fossero bruciate ieri notte anche quelle speranze. Speranze di una politica culturale coraggiosa e intelligente, di un centro urbano colto, geloso e custode dei propri beni tradizionali, belli e tenuti bene, grazie all'efficienza collettiva della comunità. Alcuni hanno paragonato il rogo di Città della Scienza alla violenza che devastò il Teatro Petruzzelli di Bari. Ed ovviamente, lo slogan eletto a compendio dell'episodio è "Napoli ostaggio della camorra". E il sentimento che pervade un pò tutti è lo stesso che rilascia la vista di una Napoli "milionaria", squisitamente "eduardiana": è il momento di iniziare la ricostruzione. Il passato non deve cancellarsi, ma scolpirsi nella mente e nel cuore di tutti, diventare monito per l'avvenire. Perchè la guerra non è finita: i nemici interni sono ancora troppi. Si può forse pensare che grazie agli sforzi, agli innumerevoli progressi compiuti, alla presenza di tanta brava gente... 'a nuttata è passata... Ma sulla città non splende ancora la luce piena del giorno.

Cosa fare allora? La risposta è da sempre e sarà sempre la stessa: ognuno faccia il suo. Possiamo restare inermi ad osservare e subire l'ennesimo affronto, oppure uscire da dietro le quinte per paura. Come "contribuire"? Si sa, la bocca resta aperta quando ogni volta è fatta una domanda del genere. Sarà forse che le risposte sono tante e tutte troppo scomode. Ma volendo scegliere la più "comoda", ecco la mia preferita: chiamarla camorra e non svuotarla. Non renderla un capro espiatorio, un paravento. Una scusa. Siamo noi, le nostre scelte, le nostre istituzioni: è importante esserne consapevoli. Napoli sta morendo. Perchè ovunque si bruciano le città, si finisce per bruciare anche gli uomini.
 
 

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